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NEWSLETTER MAGGIO-GIUGNO 2025

 

 

APPROFONDIMENTO MENSILE: NOVITA’ NORMATIVE, GIURISPRUDENZIALI E DOTTRINARIE PER ORIENTARSI NEL MONDO DEL DIRITTO D’IMPRESA

 

RASSEGNA GIURISPRUDENZIALE:

DIRITTO PENALE TRIBUTARIO E SOCIETARIO

REATI TRIBUTARI

CASISTICA

DICHIARAZIONE FRAUDOLENTA MEDIANTE ALTRI ARTIFICI EX ART. 3 D.LGS. N. 74/2000

Cass. pen., Sez. III, 23.4.2025, n. 15799.

Il reato di cui all'art. 3 D.Lgs. n. 74/2000, caratterizzato da struttura bifasica, presuppone la compilazione e presentazione di una dichiarazione mendace nonché la realizzazione di una attività ingannatoria prodromica, purché di quest'ultima, ove posta in essere da altri, il soggetto agente abbia consapevolezza al momento della presentazione della dichiarazione, consapevolezza in capo derivante dalla circostanza che egli fu l'ideatore dell'operazione.

 

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EMISSIONE DI FATTURE O ALTRI DOCUMENTI PER OPERAZIONI INESISTENTI EX ART. 8 D.LGS. N. 74/2000

Cass. pen., Sez. III, 14.4.2025, n. 14435.

Il dolo generico del reato di cui all'art. 8 D.Lgs. n. 74/2000 consiste nella coscienza e nella volontà dell'emissione o del rilascio di documentazione falsa con la consapevolezza che l'operazione in essa rappresentata è inesistente; si aggiunge che l'evasione d'imposta non è elemento costitutivo del delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, ma caratterizza il dolo specifico normativamente richiesto per la punibilità dell'agente, essendo necessario che l'emittente delle fatture si proponga il fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ma non anche che il terzo realizzi effettivamente l'illecito intento.

 

OCCULTAMENTO O DISTRUZIONE DI DOCUMENTI CONTABILI EX ART. 10 D.LGS. N. 74/2000

Cass. pen., Sez. III, 7.4.2025, n. 13517.

Il reato de quo, nella parte in cui sanziona l'occultamento totale o parziale delle scritture contabili, ha natura permanente, perdurando l'obbligo di esibizione dei documenti finché dura il controllo da parte degli organi verificatori, con la conseguenza che il momento consumativo del reato deve individuarsi nella conclusione e non nell'inizio di detto accertamento.

 

Cass. pen., Sez. III, 9.4.2025, n. 13810.

Integra il reato de quo la condotta dell'amministratore che determini il mancato, prolungato rinvenimento dei documenti contabili nei luoghi riferibili alla società e accessibili agli organi verificatori, nella consapevolezza dell'accertamento in corso e della strumentalità della documentazione alla ricostruzione della contabilità della società e che, poiché la fattura deve essere emessa in duplice esemplare, il rinvenimento di uno di essi presso il terzo destinatario dell'atto può indurre a desumere che il mancato rinvenimento dell'altra copia presso l'emittente sia conseguenza della sua distruzione o del suo occultamento.

 

OMESSO VERSAMENTO DI RITENUTE CERTIFICATE EX ART. 10-BIS D.LGS. N. 74/2000

Cass. pen., Sez. III, 4.4.2025, n. 13135.

Il reato de quo è di natura unisussistente e si consuma alla data di scadenza del termine previsto per la presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d'imposta relativa all'anno precedente. Il soggetto attivo del reato è il legale rappresentante in carica alla data di consumazione del reato, indipendentemente dal fatto che abbia ricoperto tale carica al momento della presentazione della dichiarazione ovvero della sottoscrizione e rilascio delle certificazioni ai sostituiti.

 

INDEBITA COMPENSAZIONE EX ART. 10-QUATER D.LGS. N. 74/2000

Cass. pen., Sez. III, 10.4.2025, n. 14119.

Ai fini della prova della insussistenza dei crediti portati in compensazione, è sufficiente l'accertamento della omessa dichiarazione nella quale avrebbero dovuto essere indicati i relativi crediti e l'inserimento nel modello F24 dei crediti portati in compensazione; senza che ciò si traduca in una inversione dell'onere della prova, dal momento che, a fronte di una prova idonea dell'elemento oggettivo del reato, il ricorrente non ha allegato alcunché per dimostrare che i crediti fossero effettivamente esistenti, né che le dichiarazioni fiscali fossero state, anche in epoca successiva alla commissione della condotta contestata, effettivamente presentate.

 

 

SEQUESTRO E CONFISCA EX ART. 12-BIS D.LGS. N. 74/2000

Cass. pen., Sez. III, 18.4.2025, n. 15493.

A tenore dell'art. 12-bis D.Lgs. n. 74/2000, la misura ablatoria della confisca va ad incidere non tanto sul valore della "imposta evasa", per come definito dall'art. 1, lett. f), D.Lgs. n. 74/2000, ma, espressamente, sui beni che costituiscono "il profitto od il prezzo" del reato, dovendo, pertanto, postularsi che, ai fini della operatività della confisca, e di conseguenza del sequestro preventivo che sia ad essa strumentale, è necessario che, nei termini previsti, il contribuente infedele abbia conseguito, attraverso la sua condotta delittuosa, un profitto ovvero ne abbia riscosso un prezzo.

 

Cass. pen., Sez. III, 24.4.2025, n. 15868.

In tema di reati tributari commessi dal legale rappresentante di una persona giuridica, sussiste un onere motivazionale del giudice che dispone la confisca di valore prevista dall'art. 12-bis D.Lgs. n. 74/2000, di beni dell'imputato, seppure limitato alla sussistenza dei presupposti legali della sua applicazione, consistenti nella impossibilità di disporre la confisca diretta del profitto o del prezzo del reato nel patrimonio della persona giuridica, nella disponibilità del bene oggetto di confisca per equivalente da parte dell'autore materiale del reato e nella corrispondenza del valore del bene al profitto o al prezzo del reato.

 

REATI TRIBUTARI

Cass. pen., Sez. III, 15.4.2025, n. 14821.

In tema di reati tributari, al fine di determinare l'ammontare della imposta evasa, il giudice deve operare una verifica che, pur non potendo prescindere dai criteri di accertamento dell'imponibile stabiliti dalla legislazione fiscale, subisce le limitazioni che derivano dalla diversa finalità dell'accertamento penale e dalle regole che lo governano, con la conseguenza che i costi deducibili non contabilizzati vanno considerati solo in presenza, quanto meno, di allegazioni fattuali da cui desumere la certezza o comunque il ragionevole dubbio della loro esistenza.

 

Cass., Sez. Unite, 8.4.2025, n. 13783. IMPORTANTE PRINCIPIO

La confisca di somme di denaro ha natura diretta soltanto in presenza della prova della derivazione causale del bene rispetto al reato, non potendosi far discendere detta qualifica dalla mera natura del bene. La confisca è, invece, qualificabile per equivalente in tutti i casi in cui non sussiste il predetto nesso di derivazione causale. In caso di concorso di persone nel reato, esclusa ogni forma di solidarietà passiva, la confisca è disposta nei confronti del singolo concorrente limitatamente a quanto dal medesimo concretamente conseguito. Il relativo accertamento è oggetto di prova nel contraddittorio fra le parti. Solo in caso di mancata individuazione della quota di arricchimento del singolo concorrente, soccorre il criterio della ripartizione in parti uguali. I medesimi principi operano in caso di sequestro finalizzato alla confisca, per il quale l'obbligo motivazionale del giudice va modulato in relazione allo sviluppo della fase procedimentale e agli elementi acquisiti.

 

BANCAROTTA FRAUDOLENTA EX ART. 322 CCII

Cass. pen., Sez. I, 26.3.2025, n. 11955.

In tema di bancarotta fraudolenta patrimoniale, la natura distrattiva di un'operazione infragruppo può essere esclusa in presenza di vantaggi compensativi che riequilibrino gli effetti immediatamente negativi per la società fallita e neutralizzino gli svantaggi per i creditori sociali. Nello stesso tempo, però, per escludere la natura distrattiva di un'operazione di trasferimento di somme da una società ad un'altra non è sufficiente allegare la partecipazione della società depauperata e di quella beneficiaria ad un medesimo "gruppo", dovendo, invece, l'interessato dimostrare, in maniera specifica, il saldo finale positivo delle operazioni compiute nella logica e nell'interesse di un gruppo ovvero la concreta e fondata prevedibilità di vantaggi compensativi, ex art. 2634 c.c., per la società apparentemente danneggiata.

 

Cass. pen., Sez. V, 10.4.2025, n. 14199.

In tema di bancarotta fraudolenta, il concorso per omesso impedimento dell'evento da parte dell'amministratore privo di delega è configurabile solo quando emerga la prova dell'effettiva conoscenza di fatti pregiudizievoli per la società o di segnali di allarme inequivocabili, accettando il rischio del verificarsi dell'evento illecito. Non è sufficiente la mera presenza di dati indicando un rischio per la società, ma è necessario che l'amministratore privo di delega lo sia concretamente venuto a conoscenza e sia rimasto volontariamente inerte.

 

 

DIRITTO CIVILE TRIBUTARIO E SOCIETARIO

DIRITTO TRIBUTARIO

AVVISO DI ACCERTAMENTO

Cass. civ., Sez. V, 25.3.2025, n. 7940, Ord.

La notificazione dell'atto impositivo non è un requisito di validità, ma solo una condizione integrativa dell'efficacia dello stesso, sicché l'inesistenza della notifica non determina in via automatica anche quella dell'atto, se di questo il contribuente ha avuto piena conoscenza entro i termini decadenziali di legge.

 

Cass. civ., Sez. V, 8.4.2025, n. 9192.

Nessuna norma vieta all'amministrazione di notificare una intimazione di pagamento nel caso in cui in esito al giudizio tributario contro gli avvisi di accertamento esecutivi non vi sia una rideterminazione degli importi da questi portati: il fatto che l'amministrazione sia obbligata all'emissione delle intimazioni solo se nel corso del giudizio tributario il complessivo debito tributario del contribuente sia stato rideterminato non esclude la facoltà, per l'amministrazione, di notificare un'intimazione di pagamento anche nel caso in cui non ve ne sarebbe bisogno, in quanto il giudizio tributario sull'avviso di accertamento non ne ha rideterminato gli importi.

 

Cass. civ., Sez. V, 14.4.2025, n. 9684, Ord.

Ai sensi dell'art. 42 d.P.R. n. 600/1973, la motivazione dell'avviso di accertamento esige - oltre alla puntualizzazione degli estremi soggettivi e oggettivi della posizione creditoria - soltanto l'indicazione di fatti astrattamente giustificativi, idonei a delimitare l'àmbito delle ragioni adducibili dall'ufficio nell'eventuale fase contenziosa, restando affidate al giudizio di impugnazione dell'atto le questioni riguardanti l'effettivo verificarsi dei fatti medesimi e la loro idoneità a sostenere la pretesa impositiva.

 

LITISCONSORZIO NECESSARIO

Cass. civ., Sez. V, 8.4.2025, n. 9167, Ord.

In materia tributaria, l'unitarietà dell'accertamento che è alla base della rettifica delle dichiarazioni dei redditi delle società di persone e delle associazioni di cui al d.P.R. n. 917/1986, art. 5, e dei soci delle stesse e la conseguente automatica imputazione dei redditi a ciascun socio, proporzionalmente alla quota di partecipazione agli utili ed indipendentemente dalla percezione degli stessi, comportano che il ricorso tributario proposto anche avverso un solo avviso di rettifica, da uno dei soci o dalla società, riguarda inscindibilmente sia la società che tutti i soci - salvo il caso in cui questi prospettino questioni personali - sicché tutti questi soggetti devono essere parte dello stesso procedimento e la controversia non può essere decisa limitatamente ad alcuni soltanto di essi; siffatta controversia, infatti, non ha ad oggetto una singola posizione debitoria del o dei ricorrenti, bensì gli elementi comuni della fattispecie costitutiva dell'obbligazione dedotta nell'atto autoritativo impugnato, con conseguente configurabilità di un caso di litisconsorzio necessario originario.

 

ACCERTAMENTO TRIBUTARIO

Cass., Sez. trib., 24.3.2025, n. 7739, Ord.

L’esiguità delle risorse in capo ai soci legittimamente genera la presunzione che il finanziamento da questi concesso alla società partecipata (S.r.l.) nasconda l’occultamento fiscale di ricavi societari. Detta presunzione semplice, ammettendo la prova contraria, implica che il contribuente dia conto, in qualche modo, della provenienza del denaro oggetto di riscontro.

 

Cass., Sez. trib., 31.3.2025, n. 8452.

Eventuali limitazioni apposte all’utilizzo nel processo penale degli atti acquisiti tramite rogatoria non si estendono al processo tributario, in quanto quest’ultimo, diversamente dal processo penale, ha natura amministrativo-contenziosa e mira, non già all’accertamento della responsabilità penale, ma a quello del debito d’imposta, tanto che finanche le informazioni illecitamente acquisite in sede penale sono valutabili dal giudice tributario quali elementi indiziari che possono concorrere a formare il suo convincimento. Pertanto, non qualsiasi irritualità nell’acquisizione di elementi rilevanti ai fini dell’accertamento fiscale comporta, di per sé, la inutilizzabilità degli stessi, in mancanza di una specifica previsione in tal senso, fatta esclusione per i casi in cui viene in discussione la tutela dei diritti fondamentali di rango costituzionale, quali l’inviolabilità della libertà personale, del domicilio, ecc.

 

Cass. civ., Sez. V, 31.3.2025, n. 8455.

In tema di accertamenti tributari, nelle indagini svolte, ai sensi del d.P.R. n. 600/1973, la Guardia di Finanza che, cooperando con gli uffici finanziari, proceda ad ispezioni, verifiche, ricerche ed acquisizione di notizie, ha l'obbligo di uniformarsi alle dette disposizioni, sia quanto alle necessarie autorizzazioni che alla verbalizzazione. Tali indagini hanno carattere amministrativo e vanno pertanto considerate distintamente dalle indagini, che la stessa Guardia di Finanza conduce in veste di polizia giudiziaria, dirette all'accertamento dei reati, con l'osservanza di tutte le prescrizioni dettate dal codice di procedura penale a tutela dei diritti inviolabili dell'indagato.

 

CONTENZIOSO TRIBUTARIO

Cass. civ., Sez. V, 17.4.2025, n. 10211, Ord.

In tema di contenzioso tributario, la produzione di nuovi documenti in appello, sebbene consentita ex art. 58 D.Lgs. n. 546/1992, deve avvenire, ai sensi dell'art. 32 dello stesso decreto, entro venti giorni liberi antecedenti l'udienza: tuttavia, l'inosservanza di detto termine è sanata ove il documento sia stato già depositato, benché irritualmente, nel giudizio di primo grado, poiché nel processo tributario i fascicoli di parte restano inseriti in modo definitivo nel fascicolo d'ufficio sino al passaggio in giudicato della sentenza, senza che le parti abbiano la possibilità di ritirarli, con la conseguenza che la documentazione ivi prodotta è acquisita automaticamente e "ritualmente" nel giudizio di impugnazione.

 

Cass. civ., Sez. V, 27.3.2025, n. 8130, Ord.

In tema di IVA, l'Amministrazione finanziaria, se contesta che la fatturazione attenga ad operazioni soggettivamente inesistenti, inserite o meno nell'ambito di una frode carosello, ha l'onere di provare, non solo l'oggettiva fittizietà del fornitore, ma anche la consapevolezza del destinatario che l'operazione si inseriva in una evasione dell'imposta, dimostrando, anche in via presuntiva, in base ad elementi oggettivi e specifici, che il contribuente era a conoscenza, o avrebbe dovuto esserlo, usando l'ordinaria diligenza in ragione della qualità professionale ricoperta, della sostanziale inesistenza del contraente; ove l'Amministrazione assolva a detto incombente istruttorio, grava sul contribuente la prova contraria di avere adoperato, per non essere coinvolto in un'operazione volta ad evadere l'imposta, la diligenza massima esigibile da un operatore accorto, secondo criteri di ragionevolezza e di proporzionalità in rapporto alle circostanze del caso concreto.

 

 

RASSEGNA DOTTRINALE:  

DIRITTO PENALE TRIBUTARIO

“L’emissione di fatture false per ottenere i crediti di imposta del Superbonus integra reato” con commento di Ciro Santoriello – da “Il fisco”, n. 17/2025, pag. 1533 ss.

Sentenza di riferimento: Cass. pen., Sez. III, 17.3.2025, n. 10400.

La Suprema Corte torna sul tema relativo alla corretta qualificazione giuridica da attribuire alle condotte fraudolente finalizzate ad ottenere indebitamente i benefici economici connessi al cd. “Superbonus” di cui all’art. 121 D.l. n. 3/2020. Nel caso de quo, i titolari di ditte edili avevano emesso fatture relative ad operazioni inesistenti onde attestare, a vantaggio dei clienti committenti, lavori in realtà mai eseguiti e generare in tal modo a favore di costoro crediti d’imposta fittizi. Ebbene, per la Cassazione tali condotte integrano la fattispecie di cui all’art. 8 D.Lgs. n. 74/2000, essendo irrilevante che in seguito tali crediti siano stati ceduti dagli originari titolari alla stessa società edile emittente la documentazione fiscale mendace.

 

“Le scelte imprenditoriali escludono la non punibilità per crisi di liquidità... anche dopo la riforma fiscale” con commento di Ciro Santoriello – da “Il fisco”, n. 18/2025, pag. 1636 ss.

Sentenza di riferimento: Cass. pen., Sez. III, 4.4.2025, n. 13134.

La Suprema Corte torna su un tema già oggetto di precedenti pronunce, quello relativo al rapporto tra i reati di omesso versamento delle imposte e la possibilità di escludere la rilevanza penale dell’inadempimento da parte del contribuente nel caso di crisi economica e assenza della liquidità necessaria per versare quanto dovuto all’Erario. Ebbene, sul punto è stato chiarito che l’inadempimento dell’obbligazione tributaria può essere attribuito a forza maggiore, con conseguente irrilevanza penale della violazione, solo quando derivi da fatti non imputabili all’imprenditore contribuente e a cui non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico. Deve allora escludersi la forza maggiore quando la mancanza della provvista necessaria all’adempimento dell’obbligazione tributaria abbia avuto la sua origine, come accaduto nel caso di specie, in una precisa scelta di politica imprenditoriale finalizzata all’acquisizione di immobili da edificare.

 

DIRITTO TRIBUTARIO

“Sono indeducibili i costi relativi a fatture così generiche da non poter comprenderne l’attività” con commento di Alessandro Borgoglio – da “Il fisco”, n. 17/2025, pag. 1545 ss.

Sentenza di riferimento: Cass., Sez. trib., 19.3.2025, n. 7284, Ord.

La fattura, qualora redatta secondo i requisiti di forma e sostanza di cui all’art. 21 d.P.R. n. 633/1972, costituisce un elemento probatorio a favore dell’impresa e deve recare l’indicazione, ai sensi del citato articolo, tra le altre, della natura, qualità e quantità dei beni e servizi oggetto di fatturazione. Ciò detto, la fattura è irregolare ogniqualvolta contenga un vago e indefinito riferimento alle suindicate prestazioni, tale da non consentire l’identificazione dell’oggetto della fatturazione e da impedire il corretto esercizio dell’attività di controllo e verifica da parte dell’Amministrazione Finanziaria. Nel caso di specie, trattando di redditi d’impresa, la Suprema Corte ha ritenuto che i costi indicati dal contribuente non potessero ritenersi inerenti e dunque deducibili in quanto la genericità delle relative fatture ha impedito che a tali costi potesse essere ricondotta una specifica attività progettuale dell’impresa.