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APPROFONDIMENTO MENSILE: NOVITA’ NORMATIVE, GIURISPRUDENZIALI E DOTTRINARIE PER ORIENTARSI NEL MONDO DEL DIRITTO D’IMPRESA
RASSEGNA GIURISPRUDENZIALE:
DIRITTO PENALE TRIBUTARIO E SOCIETARIO
REATI TRIBUTARI
CASISTICA:
DICHIARAZIONE FRAUDOLENTA MEDIANTE USO DI FATTURE O ALTRI DOCUMENTI PER OPERAZIONI INESISTENTI EX ART. 2 D.LGS. N. 74/2000
Trib. Lecce, sez. II pen., 20.1.2022, n. 156.
Il delitto di dichiarazione fraudolenta, avente natura di reato di pericolo o di mera condotta, è a consumazione istantanea e si realizza nel momento della presentazione della dichiarazione fiscale; infatti, la predisposizione e la registrazione di documenti attestanti le operazioni inesistenti rappresentano condotte meramente preparatorie e non sono punibili, nemmeno a titolo di tentativo, per espressa previsione del legislatore.
Cass. pen., sez. III, 28.4.2022, n. 16302.
La fittizietà di un contratto di appalto stipulato al solo fine di coprire un reale contratto di somministrazione illecita di manodopera – dimostrabile sulla base del fatto che l’elemento fondamentale e discriminante tra i due istituti è costituito dall’esercizio del potere di direzione e di organizzazione da parte del committente – rende inefficace l’accordo stipulato tra committente e appaltatore. Da ciò consegue, nei casi, appunto, di illecita somministrazione di manodopera dissimulato da fittizi contratti di appalto e servizi, l’indetraibilità dell’IVA, con l’ulteriore effetto che l’eventuale indicazione di elementi passivi fittizi nella dichiarazione, realizzata avvalendosi di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti asseritamente riguardanti l’esecuzione del contratto fittizio di appalto, integra il reato di dichiarazione fraudolenta previsto dall’art. 2 del D.lgs. n. 74/2000, il quale, nel riferirsi all’uso di fatture o altri documenti concernenti operazioni inesistenti, non distingue tra quelle che sono tali dal punto di vista oggettivo e soggettivo; pertanto, il delitto di frode fiscale è astrattamente configurabile nel caso di intermediazione illegale di manodopera (art. 18 D.lgs. n. 276/2003), stante la diversità tra il soggetto emittente la fattura e quello che ha fornito la prestazione.
DICHIARAZIONE FRAUDOLENTA MEDIANTE USO DI FATTURE O ALTRI DOCUMENTI PER OPERAZIONI INESISTENTI EX ART. 2 D.LGS. N. 74/2000, EMISSIONE DI FATTURE O ALTRI DOCUMENTI PER OPERAZIONI INESISTENTI EX ART. 8 D.LGS. N. 74/2000
Cass. pen., sez. III, 4.5.2022, n. 17447.
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione avevano affermato che, di fronte ad un illecito plurisoggettivo, deve applicarsi il principio solidaristico che informa la disciplina del concorso nel reato e che implica l'imputazione dell'intera azione delittuosa e dell'effetto conseguente in capo a ciascun concorrente. Tuttavia, la Terza Sezione, con la sentenza in oggetto, ha precisato che tale principio non trova applicazione nel caso de quo, relativo alla condotta posta in essere dal soggetto che emette fatture per operazioni inesistenti ex art. 8 D.Lgs n. 74/2000, in relazione alla condotta posta in essere da chi si avvale delle stesse fatture (art. 2 del menzionato decreto). Lo stesso decreto, infatti, all'art. 9 stabilisce che "In deroga all’art. 110 c.p.: a) l'emittente di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall'art. 2; b) chi si avvale di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti e chi concorre con il medesimo non è punibile a titolo di concorso nel reato previsto dall'art. 8”. Le due condotte risultano, pertanto, del tutto "autonome" e non danno luogo ad un illecito plurisoggettivo, che duplicherebbe la responsabilità - sotto distinte fattispecie - con riguardo ad un'unica condotta illecita, con illegittimo pregiudizio per l’autore.
Cass. pen., sez. III, 18.5.2022, n. 19437.
Stando all’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, la possibilità, per il potenziale utilizzatore, di rispondere del reato di emissione della fattura per operazioni inesistenti a lui indirizzata si lega all’indefettibile presupposto dell’identità soggettiva tra emittente e utilizzatore, ciò sia nel caso in cui lo stesso soggetto sia titolare della ditta emittente e di quella utilizzatrice, sia nel caso in cui lo stesso sia amministratore occulto di uno dei due soggetto economici; non soltanto, è altresì possibile il concorso in entrambi i reati da parte del terzo estraneo, come nel caso tipico del consulente fiscale.
Cass. pen., sez. III, 23.5.2022, n. 20053.
La Suprema Corte, sul solco di un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, ha sostenuto che rientrano nel novero delle operazioni “inesistenti”, ai fini della configurabilità dei reati ex artt. 2 e 8 D.Lgs. n. 74/2000, quelle aventi una qualificazione giuridica diversa ovvero “giuridicamente” inesistenti. Quanto all’elemento soggettivo del reato in questione, è necessaria rappresentazione e volizione dell’emissione della fattura per operazione inesistenti e il dolo specifico, ovverosia che l’emittente delle fatture si proponga il fine di consentire a terzi l’evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ma non anche che il terzo effettivamente consegua la programmata evasione.
EMISSIONE DI FATTURE O ALTRI DOCUMENTI PER OPERAZIONI INESISTENTI EX ART. 8 D.LGS. N. 74/2000, CONFISCA EX ART. 12-BIS D.LGS. 74/2000
Cass. pen., sez. III, 26.5.2022, n. 20551.
La confisca diretta o per equivalente del profitto del reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti emessa sui beni dell’emittente delle fatture deve essere rapportata non al profitto eventualmente conseguito dai terzi per effetto dell’emissione di fatture, ma solo al prezzo del reato, cioè all’eventuale compenso che l’emittente abbia percepito per l’emissione delle fatture.
OMESSO VERSAMENTO DI IVA EX ART. 10-TER D.LGS. N. 74/2000
Cass. pen., sez. III, 20.4.2022, n. 15231.
La Suprema Corte ha precisato che non incide sulla sussistenza del delitto di omesso versamento dell’Iva la crisi di liquidità del soggetto attivo al momento della scadenza del termine lungo, ove non si dimostri che la stessa non dipenda dalla scelta di non far debitamente fronte all'esigenza predetta; nel caso de quo, l'inadempimento all'obbligo tributario era stato determinato da una precisa scelta dell’imputato, ovverosia quella di salvaguardare la continuità aziendale della società, pur in assenza di un adeguato piano finanziario e con la consapevolezza di non avere le risorse utili per far fronte alle scadenze tributarie, di cui l'imputato era al corrente.
Cass. pen., sez. III, 1.6.2022, n. 21258.
In tema di reato di omesso versamento dell'IVA, la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto è applicabile laddove l’omissione abbia riguardato un ammontare di poco superiore alla soglia di punibilità, fissata a 250.000 Euro, in ragione del fatto che il grado di offensività che fonda il reato è stato valutato dal legislatore nella determinazione della soglia di rilevanza penale. Tuttavia, ai fini dell’applicabilità dell’indicata esimente, il dato fattuale del modesto superamento della soglia di punibilità assume rilevanza solo in presenza delle ulteriori condizioni previste dall’art. 131-bis c.p. e quindi, in primis, della scarsa gravità complessiva della condotta.
CONFISCA DI DENARO EX ART. 12-BIS D.LGS. 74/2000
Cass., SS.UU., 18.11.2021, n. 42415.
La Suprema Corte, chiamata a decidere in merito alla circostanza della qualificazione delle somme di denaro giacenti su conto corrente bancario oggetto di sequestro preventivo finalizzato alla confisca, ha asserito che, qualora il prezzo o il profitto derivante dal reato sia costituito da denaro, la confisca viene eseguita, in ragione della natura del bene, mediante l'ablazione del denaro, comunque rinvenuto nel patrimonio del soggetto, che rappresenti l'effettivo accrescimento patrimoniale monetario da quest'ultimo conseguito per effetto del reato; tale confisca deve essere qualificata come confisca diretta, e non per equivalente, e non è ostativa alla sua adozione l'allegazione o la prova dell'origine lecita dell’oggetto di ablazione.
Trib. Lecce, sez. II pen., 19.1.2022, n. 117.
Il profitto rilevante ai fini della confisca ex art. 12-bis D.lgs. n. 74/2000 è costituito da qualsivoglia vantaggio patrimoniale direttamente conseguito alla consumazione del reato e può consistere in un risparmio di spesa, comprensivo di interessi e sanzioni dovuti a seguito dell’accertamento del debito tributario. Non soltanto, la confisca del profitto, quando si tratta di denaro o di beni fungibili, non è per equivalente, bensì diretta: a tal fine, non occorre la verifica che le somme provengano dal delitto e siano confluite nell’effettiva disponibilità dell’indagato, in quanto il denaro oggetto di ablazione deve solo equivalere all’importo che corrisponde per valore al prezzo o al profitto del reato, non sussistendo alcun nesso pertinenziale tra il reato e il bene da confiscare.
COMPETENZA PER TERRITORIO EX ART. 18 D.LGS. N. 74/2000
Cass. pen., sez. I, 3.5.2022, n. 17174.
La competenza per territorio in ordine al reato di emissione di fatture per operazioni inesistenti deve essere determinata avendo riguardo a quanto stabilito dall’art. 18 D.Lgs. n. 74/2000 nonché ai principi di diritto fissati dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, secondo cui, in tema di reati tributari, la competenza per territorio determinata dalla connessione per i reati di emissione di fatture per operazioni inesistenti, di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti e di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, quali reati di pari gravità, appartiene, ex art. 16 c.p.p., al giudice del luogo ove è stato commesso il primo reato, individuato in quello del luogo di accertamento, in cui ha sede l’Autorità giudiziaria che ha compiuto un’effettiva valutazione degli elementi che depongono per la sussistenza della violazione, essendo invece irrilevante il luogo di acquisizione dei dati e delle informazioni da sottoporre a verifica.
DIRITTO PENALE
BANCAROTTA FRAUDOLENTA PER DISTRAZIONE EX ART. 216 L. FALL.
Cass. pen., sez. I, 20.5.2022, n. 19887.
Nel caso de quo, veniva contestato al consigliere di amministrazione di una S.r.l., poi dichiarata fallita, il reato di bancarotta fraudolenta per distrazione a seguito dell’impiego della carta di credito aziendale per scopi estranei all’attività d’impresa. L’accordo transattivo con cui costui aveva rinunciato all’indennità di buona uscita e ad altre voci stipendiali, secondo la Suprema Corte, non integra la c.d. “bancarotta riparata”, dal momento che l’imputato aveva sì rinunciato a tali pretese ma non aveva provveduto a restituire i beni distratti prima della dichiarazione di fallimento.
PROCESSO PENALE
DICHIARAZIONI INDIZIANTI
Cass. pen., sez. II, 22.7.2021, n. 28583.
La Suprema Corte ha ribadito il principio secondo cui le dichiarazioni rese innanzi alla polizia giudiziaria da una persona non sottoposta ad indagini, ed aventi carattere autoindiziante, non sono utilizzabili contro chi le ha rese ma sono pienamente utilizzabili contro i terzi, in relazione ai quali non opera la previsione di cui all’art. 63 co. 1 c.p.p., prevista a tutela del solo dichiarante.
MEZZI DI RICERCA DELLA PROVA
Cass. pen., sez. III, 7.10.2021, n. 36353.
In tema di intercettazioni, i risultati delle captazioni disposte nell’ambito di un procedimento non possono essere utilizzate in procedimenti diversi, tali dovendo intendersi quelli instaurati in relazione ad una notizia di reato che deriva da un fatto storicamente diverso da quello oggetto dell’indagine nel corso della quale il mezzo di ricerca della prova sia stato autorizzato, anche se tale fatto è emerso dallo svolgimento delle stesse intercettazioni, salvo che tra i fatti-reato, nonostante la differenza storica, sussista una connessione ex art. 12 c.p.p. o, comunque, un collegamento ex art. 371 c.p.p., co. 2, lett. b) e c), sotto il profilo oggettivo, probatorio e finalistico, che vale a ricondurre ad unitarietà i procedimenti.
POTERE DISCREZIONALE DEL GIUDICE NELL’APPLICAZIONE DELLA PENA
Cass. pen., sez. III, 11.4.2022, n. 13681.
La Suprema Corte ha statuito, come principio generale, che il diniego delle circostanze attenuanti generiche non può fondarsi esclusivamente sulla valutazione negativa della mancanza di collaborazione da parte dell’imputato, che costituisce espressione di scelte difensive non valutabili, in quanto riconducibili all’esercizio del diritto di difesa.
INDAGINI PRELIMINARI, TESTIMONIANZA INDIRETTA
Cass pen., sez. II, 20.4.2022, n. 15444.
Secondo un indirizzo consolidatosi dopo la sentenza delle Sezioni Unite n. 36747 del 28.05.2003, gli ufficiali e gli agenti di polizia giudiziaria non possono rendere testimonianza indiretta sulle dichiarazioni ricevute da persone informate sui fatti anche in caso di mancata verbalizzazione delle stesse, qualora la loro verbalizzazione sia prescritta dalla legge.
SEQUESTRO PROBATORIO
Cass. pen., sez. V, 21.4.2022, n. 15648.
in tema di acquisizione della prova, la Suprema Corte ha precisato che l'autorità giudiziaria, al fine di esaminare un'ampia massa di dati i cui contenuti sono in astratto potenzialmente rilevanti per le indagini, può disporre un sequestro dai contenuti molto estesi, provvedendo, tuttavia, nel rispetto del principio di proporzionalità ed adeguatezza, alla immediata restituzione delle cose sottoposte a vincolo non appena sia decorso il tempo ragionevolmente necessario per gli accertamenti. Tale principio è applicabile anche alla copia dei dati digitali sequestrati e alla restituzione degli apparecchi informatici contenenti tali dati.
DIRITTO TRIBUTARIO
DIRITTO D’ACCESSO
Consiglio di Stato, ad. plen., 14.3.2022, n. 4.
Con la sentenza in oggetto, il Consiglio di Stato ha avuto modo di formulare i seguenti principi di diritto: 1) il concessionario, ai sensi dell’art. 26 co. 5 d.P.R. n. 602/1973, ha l’obbligo di conservare copia della cartella di pagamento, anche quando si sia avvalso delle modalità semplificate di diretta notificazione della stessa a mezzo di raccomandata postale; 2) qualora il contribuente richieda la copia della cartella di pagamento, e questa non sia concretamente disponibile, il concessionario non si libera dell’obbligo di ostensione attraverso il rilascio del mero estratto di ruolo, ma deve rilasciare una attestazione che dia atto dell’inesistenza della cartella, avendo cura di spiegarne le ragioni.
COMPETENZA DELL’UFFICIO ACCERTATORE
Cass. civ., sez. V, 3.5.2022, n. 13983.
In caso di contribuente residente in Paesi a fiscalità privilegiata, ove l’Ufficio non contesti la residenza del contribuente, la competenza dell’Ufficio che procede all’accertamento del reddito si determina, al pari di qualunque cittadino non residente in Italia, in base al Comune in cui si è prodotto il reddito o, se il reddito è prodotto in più Comuni, in quello in cui è stato prodotto il reddito più elevato, senza che abbia rilievo l’eventuale domicilio fiscale dichiarato dal contribuente per i redditi prodotti in Italia.
DIRITTO SOCIETARIO
FALLIMENTO
Cass. civ., sez. I, 1.3.2022, ord. n. 6771.
In tema di fallimento di società con soci illimitatamente responsabili, l’art. 147 co. 2 L. fall., nella parte in cui esclude la possibilità di dichiarare il fallimento dei soci “decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale”, si riferisce esclusivamente allo scioglimento del rapporto nei confronti del singolo socio, e non anche allo scioglimento della società, il quale non è preso in considerazione né dall’art. 147 né dall’art. 10 L. fall., che ancora la decorrenza del termine per la dichiarazione di fallimento della società alla cancellazione dal registro delle imprese, sempre che non si dimostri che l’attività è proseguita. La dichiarazione di fallimento, pur determinando lo scioglimento della società, non comporta d’altronde l’estinzione della stessa, che consegue soltanto alla sua cancellazione, né alcuna alterazione del vincolo sociale e dell’organizzazione sociale, che resta in funzione, sia pure con le limitazioni derivanti dall’intervenuto spossessamento.
Cass. civ., sez. V, 6.6.2022, n. 18124.
In tema di fallimento, l’esdebitazione del fallito di cui agli artt. 142 e 143 L. fall. è applicabile anche ai debiti IVA, non contrastando con la Direttiva comunitaria sull’IVA (nello specifico, con l’art. 4, par. 3 TUE e con la Dir. Consiglio, 19.5.1977 in materia di sistema comune di imposta sul valore aggiunto).
CONCORDATO PREVENTIVO
Cass. civ., sez. I, 11.3.2022, ord. n. 8008.
In conseguenza della riforma del 2012, l’imprenditore che presenta domanda di concordato preventivo conserva l’esercizio della propria attività economica e l’amministrazione dei propri beni, sotto la vigilanza del tribunale cui deve fornire le informazioni dal giudice richieste tanto nel periodo intercorrente fra il deposito del ricorso e decisione relativa alla ammissibilità della domanda in esso contenuta, che in quello successivo al decreto di ammissione alla procedura (art. 169, co. 1, L. fall.).
DIRITTO E PROCEDURA CIVILE
COMPENSI PROFESSIONALI
Cass. civ., sez. II, 16.5.2022, ord. n. 15563.
Sono nulli, se non redatti in forma scritta, i patti conclusi tra gli avvocati (ed i praticanti abilitati) e i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali. Nel caso de quo, ci si domandava se l’accordo sulla quantificazione del compenso potesse dirsi concluso per effetto della proposta dell’avvocato, inviata alla società tramite posta elettronica, senza però che questa fosse seguita da accettazione nella medesima forma scritta.
NORMATIVA:
MONITORAGGIO FISCALE
“Scende a 5mila euro la segnalazione per i movimenti da e verso l’estero” - da “Il Sole 24 Ore”, 15.6.2022.
Il decreto Semplificazioni (d.l. n. 73/2022) ha introdotto una importante novità all’art. 16 in tema di monitoraggio fiscale: gli intermediari bancari e finanziari, nonché gli altri operatori finanziari e non che intervengono, anche attraverso movimentazioni di conti, nei trasferimenti da o verso l’estero di mezzi di pagamento, sono tenuti a trasmettere all’Agenzia delle Entrate i dati relativi alle operazioni, effettuate anche in valuta virtuale, di importo pari o superiore a 5.000 Euro, limitatamente alle operazioni eseguite per conto o a favore di persone fisiche, enti non commerciali, società semplici e associazioni equiparate. Il precedente limite sopra il quale scattava l’obbligo di segnalazione all’Amministrazione finanziaria era stato fissato a 15.000 Euro.
ADEMPIMENTI IVA
“Esterometro escluso per gli acquisti di beni effettuati all’estero fino a 5.000 euro” di Marco Peirolo - da “Ipsoa – Professionalità quotidiana”, 17.6.2022.
Quella descritta al precedente articolo non è l’unica novità rilevante introdotta dal decreto Semplificazioni: sono infatti escluse dall’esterometro le operazioni di importo ridotto (non superiore a 5.000 Euro) relative all’acquisto di beni e servizi non rilevanti territorialmente ai fini Iva in Italia. Non è tutto: a far data dal 1° luglio 2022, i dati delle operazioni transfrontaliere saranno trasmessi usando il Sistema di Interscambio e il formato XML, adottato per l’invio delle fatture elettroniche; tale operazione dovrà essere obbligatoriamente effettuata anche dai soggetti in precedenza esonerati dall’obbligo di fatturazione elettronica, sempre che i ricavi o compensi conseguiti nell’anno precedente, ragguagliati ad anno, siano superiori a 25.000 Euro; per tutti gli altri, l’obbligatorietà scatterà dal 1° gennaio 2024.
RASSEGNA DOTTRINALE:
DIRITTO PENALE TRIBUTARIO
“La corretta perimetrazione della confisca allargata in ambito tributario” di Saverio Capolupo – da “Il Fisco”, n. 21/2022, pag. 2035 ss.
La confisca “classica” è stata ritenuta inadeguata a contrastare compiutamente il fenomeno dell’accumulazione di ricchezze illecite da parte della criminalità. Tra le forme di confisca, quella allargata si pone quale misura di sicurezza atipica che, in presenza di taluni presupposti, mira ad aggredire entità patrimoniali sulla base di una presunzione relativa di ingiustificato arricchimento. Nel 2019 è stato aggiunto al D.lgs. n. 74/2000 l’art. 12-ter in forza del quale, in caso di condanna o di applicazione della pena su richiesta per alcuni delitti in materia di imposte sui redditi e IVA, si applica anche la confisca “allargata” o “per sproporzione” ex art. 240-bis c.p. Non vi è dubbio che la confisca “allargata” possa essere disposta senza formalità con ordinanza ex artt. 676 e 667 co. 4 c.p.p.; per quanto attiene ai presupposti, l’adozione della stessa richiede: a) condanna o applicazione della pena su richiesta per uno dei reati previsti dalla normativa di riferimento; b) individuazione di un complesso di elementi patrimoniali o di singoli beni di cui il soggetto condannato sia titolare o abbia, anche per interposta persona fisica o giuridica, la disponibilità a qualsiasi titoli; c) dimostrazione che il valore di tali beni è “sproporzionato” rispetto ai redditi dichiarati dal condannato o all’attività economica da lui svolta; d) mancata giustificazione della legittima provenienza dei suddetti beni. Tuttavia, il momento di acquisizione del bene non dovrebbe risultare eccessivamente lontano dalla commissione del reato “spia”, in virtù di quella che la Corte Costituzionale chiama tesi della c.d. “ragionevolezza temporale”, tenuto conto anche delle caratteristiche del caso concreto e del grado di pericolosità sociale.
“Arriva la prima condanna ex lege 231 di una società per un illecito fiscale” con commento di Ciro Santoriello – da “Il Fisco”, n. 21/2022, pag. 2084 ss.
Sentenza di riferimento: Cass. pen., sez. III, 28.4.2022, n. 16302.
La prima applicazione pratica della disciplina sanzionatoria contenuta nel D.Lgs. n. 231/2001 nei confronti di enti collettivi è rinvenibile nella sentenza in oggetto; l’art. 25-quinquiesdecies del menzionato decreto prevede che siano applicabili, per taluni reati presupposto di cui al D.lgs. 74/2000, determinate sanzioni fino a 500 quote. Qualora l’ente abbia conseguito un profitto di rilevante entità, la sanzione pecuniaria è aumentata di un terzo, senza contare che si applicano le sanzioni interdittive ex art. 9 co. 2 lett. c), d) ed e). L’ente sarà poi esposto anche all’applicazione del sequestro e della confisca diretta o per equivalente, del prezzo o profitto del reato tributario realizzato nell’interesse o a vantaggio dell’ente. L’Autore riflette, altresì, sulla portata poco rilevante della decisione, dal momento che la Corte non ha considerato le problematiche legate all’inserimento dei reati fiscali tra gli illeciti presupposto della responsabilità delle società. Nondimeno, la pronuncia in questione apre ad alcune considerazioni utili per il futuro, in primis quella riguardante l’incisività delle sanzioni previste in capo alla società in caso di violazione fiscale.
DIRITTO D’IMPRESA
“Società di fatto e accertamento della qualità di socio occulto e di socio apparente” con commento di Lavinia Palombo – da “Giurisprudenza Italiana”, n. 4/2022, pag. 884 ss.
Sentenza di riferimento: Cass. civ., sez. I, 13.9.2021, n. 24633.
La società di fatto è quella costituita per fatti concludenti, in assenza di qualsivoglia tipo di accordo tra i soci, mentre la società cosiddetta occulta è quella che esiste esclusivamente nei rapporti interni ma che non si manifesta all’esterno. Recependo l’orientamento giurisprudenziale prevalente, l’art. 147 L. fall., modificato nel 2006, ha equiparato il fallimento della società occulta e, per estensione, dei suoi soci illimitatamente responsabili a quello della società palese avente soci occulti. A tal fine, sul piano probatorio, occorrerà dimostrare, con ogni mezzo, l’esistenza di un contratto sociale. Specularmente, la società apparente esiste nei rapporti esterni, rispetto ai quali i soggetti coinvolti si comportano come soci, ma è inesistente nei rapporti interni; in tal caso l’indagine del giudice verterà sull’attitudine delle manifestazioni esterne di tali soggetti ad ingenerare nei terzi di buona fede la convinzione che essi agiscano come soci e sulla loro legittimazione ad agire con i terzi. Società occulta e apparente, in buona sostanza, sono due fenomeni differenti, nonostante la giurisprudenza abbia spesso utilizzato, in passato, il concetto di società di fatto per ricomprendere entrambe le categorie e abbia mostrato di prediligere quello di società apparente, nel tentativo di tutelare i creditori in buona fede. Tale figura è, tuttavia, responsabile delle problematiche relative alla delimitazione del perimetro soggettivo della fallibilità.
“Il dies a quo per il termine dell’opposizione al passivo nella liquidazione coatta amministrativa” con commento di Massimo Montanari, da “Il Fallimento e le altre procedure concorsuali”, n. 5/2022, pag. 702 ss.
Sentenza di riferimento: Trib. Roma, 22.10.2021.
L’Autore si sofferma sulle criticità legate alla sentenza in esame, con cui il Tribunale di Roma ha stabilito che il termine per proporre opposizione ex art. 98 co. 2 L. fall., contro lo stato passivo formato dal commissario liquidatore nella procedura di liquidazione coatta amministrativa decorre dalla comunicazione ai creditori dell’avvenuto deposito in cancelleria dell’elenco dei crediti ammessi o respinti, ancorché accompagnata dal riconoscimento, in capo ai creditori, della facoltà di presentare successivamente osservazioni e documenti integrativi e seguita soltanto in un secondo momento dalla trasmissione di quell’elenco. Tale comunicazione, tuttavia, alla luce delle modifiche apportate all’art. 209 L. fall. dal c.d. “Decreto crescita 2.0” del 2012, deve avere ad oggetto l’avvenuto deposito dell’intero elenco dei crediti ammessi o respinti.
DIRITTO TRIBUTARIO
“Sanzioni POS e invio dei dati relativi ai pagamenti elettronici” di Stefano Setti – da “Pratica fiscale e professionale”, n. 21/2022, pag. 25 ss.
A decorrere dal 30.6.2013, ai sensi dell’art. 15 D.L. n. 179/2012, i soggetti passivi che svolgono un’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali, hanno l’obbligo di accettare pagamenti anche con modalità diverse dal denaro contante – nello specifico, attraverso carte di debito e/o credito. Con la conversione in legge, con modificazioni, del D.L. n. 152/2021, recante disposizioni urgenti per l’attuazione del P.N.R.R., qualora tali soggetti rifiutino di accettare un pagamento effettuato con tali modalità, sarà loro applicabile, a far data dal 30.6.2022, una sanzione fissa pari ad Euro 30,00 nonché un’ulteriore sanzione del 4% calcolata sul valore della transazione per la quale è stato rifiutato il pagamento elettronico. Non soltanto, a decorrere dal 1.05.2022, le banche e le società che gestiscono moneta elettronica sono tenute giornalmente ad inviare all’Agenzia delle Entrate i totali di tutte le movimentazioni (incassi) effettuati in moneta elettronica. L’accertamento di tali violazioni è demandato agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria nonché agli organi addetti al controllo sull’osservanza delle disposizioni per la cui violazione è prevista la sanzione amministrativa del pagamento di una somma di denaro; l’Autorità competente a ricevere il rapporto è il Prefetto del territorio nel quale hanno avuto luogo le violazioni.
“Residenza in Paesi black list: la contestazione determina la competenza dell’Ufficio accertatore” con commento di Giorgio Emanuele Degani – da “Il Fisco”, n. 23/2022, pag. 2276 ss.
Sentenza di riferimento: Cass. civ., sez. V, 3.5.2022, n. 13983.
Stabilire la residenza è essenziale ai fini dell’imposizione fiscale: ai contribuenti persone fisiche che risiedono in Italia o di cui si accerti la residenza fiscale nel nostro Paese si applica il principio della tassazione dei redditi in Italia (worldwide income taxation), mentre per i cittadini non residenti o per i quali non sia stata accertata la residenza fiscale in Italia quello della tassazione del solo reddito prodotto in Italia (source principle). Questo collegamento territoriale assume rilevanza anche ai fini della determinazione della competenza dell’Agenzia delle Entrate, rispetto a cui è di primaria importanza stabilire il domicilio fiscale del soggetto passivo. Ai sensi dell’art. 2, co. 2-bis T.U.I.R. si considerano residenti, salvo prova contraria, anche i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in Stati o territori a fiscalità privilegiata; la Suprema Corte ha precisato, tuttavia, che tale presunzione non opera automaticamente, in quanto è necessaria una specifica contestazione da parte dell’Ufficio.
“Sanzioni illegittime se l’ufficio ignora l’attività già avviata dall’impresa” di Marco Nessi e Roberto Torelli – da “Il Sole 24 Ore – Norme e Tributi Plus” del 20.6.2022.
Nel caso affrontato dagli Autori, oggetto della sentenza n. 1749 del 3.5.2022 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, l’Ufficio notificava una irregolarità per il tardivo versamento, in qualità di intermediari che applicano l’imposta sostitutiva sui redditi diversi di natura finanziaria, di un importo a titolo di acconto “pari al 100 per cento dell'ammontare complessivo dei versamenti dovuti nei primi undici mesi del medesimo anno", per effetto della riforma introdotta con il D.l. n 133/2013. La società evidenziava come il ritardo fosse stato determinato da eventi estranei alla volontà e al controllo della stessa giacché, stante la vicinanza tra l’entrata in vigore della suddetta normativa e il termine previsto per adempiervi, era rimasta priva di mezzi finanziari sufficienti ad effettuare il pagamento. La Ctr, riducendo la sanzione irrogata, ha colto l’occasione per stabilire che, nel rispetto dei principi fondamentali di buona fede e collaborazione che devono improntare il rapporto tra fisco e contribuente, l’ufficio è tenuto a considerare la volontà riparatoria del contribuente nonché le giustificazioni addotte in sede di contraddittorio.
“La dichiarazione resa nella voluntary disclosure non diventa presunzione” di Fabrizio Cancelliere e Gabriele Ferlito - da “Il Sole 24 Ore – Norme e Tributi Plus” del 20.6.2022.
Un imprenditore riceveva un avviso per una presunta omessa fatturazione di ricavi, il cui accertamento si fondava sulle dichiarazioni rese da un’altra contribuente nell’ambito del procedimento di sanatoria di capitali detenuti all’estero, che l’Ufficio riteneva avere natura confessoria. La stessa Cassazione aveva ribadito, in passato, che le confessioni hanno valore di prova presuntiva e sono di per sé idonee a giustificare una rettifica fiscale. La Commissione tributaria provinciale di Savona, con la sentenza 168/1/2022, ha precisato che, pur avendo valore confessorio, le dichiarazioni rese nell’ambito del procedimento di collaborazione volontaria non assurgono a presunzione idonea a giustificare un accertamento, se la pretesa non è adeguatamente provata.
“L’accertamento con adesione dell’IVA a debito non preclude il rimborso dell’IVA a credito” con commento di Marco Peirolo – da “Il Fisco”, n. 26/2022, pag. 2571 ss.
Sentenza di riferimento: Cass. civ., sez. V, 19.5.2022, n. 16104.
Secondo un indirizzo giurisprudenziale consolidato, l’accertamento definito con adesione preclude al contribuente ogni forma di impugnazione, ivi comprese le istanze di rimborso, considerate una forma surrettizia di impugnazione dell’accertamento; tuttavia, precisa la Suprema Corte, il contribuente mantiene il proprio diritto a richiedere il rimborso dell’IVA relativa ad operazioni da cui è scaturito un credito IVA del tutto estraneo rispetto al debito IVA oggetto dell’accordo raggiunto con l’Amministrazione finanziaria.
“L’atto di adesione non vincola l’Ufficio per le annualità successive” con commento di Gianfranco Antico – da “Il Fisco”, n. 26/2022, pag. 2581 ss.
Sentenza di riferimento: Cass. civ., sez. V, 24.5.2022, n. 16675.
L’accertamento con adesione è il risultato di un accordo tra l’Amministrazione finanziaria e il contribuente ed è, nei confronti delle parti, vincolante; all’Amministrazione coinvolta è altresì preclusa qualsivoglia ulteriore attività accertatrice per il periodo d’imposta oggetto dell’accordo. L’accertamento con adesione, tuttavia, non è vincolante per le parti relativamente ai successivi periodi d’imposta, giacché costituisce una forma di esercizio del potere impositivo. Per tale ragione, rileva la Suprema Corte, non può essere invocato il principio di affidamento di cui all’art. 10, co. 1, L. n. 212/2000.