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NEWSLETTER CARACCIOLI AVVOCATI NOVEMBRE-DICEMBRE 2024
APPROFONDIMENTO MENSILE: NOVITA’ NORMATIVE, GIURISPRUDENZIALI E DOTTRINARIE PER ORIENTARSI NEL MONDO DEL DIRITTO D’IMPRESA
Cass. pen., Sez. III, 30.10.2024, n. 39971.
Integra il reato di dichiarazione fraudolenta la condotta di chi falsifichi mastrini bancari per creare artificialmente la prova di aver effettuato il pagamento di fatture simulate emesse da soggetti economici apparentemente esistenti, perché tale condotta impone ai verificatori di accertare l’effettiva falsità di tali fatture, attraverso indagini che devono, evidentemente, andare oltre l’apparente posizione contabile e fiscale del contribuente imputato. Ne deriva che la fattispecie in questione non può essere ricondotta all’eccezione per cui non costituiscono mezzi fraudolenti la mera violazione degli obblighi di fatturazione e di annotazione degli elementi attivi nelle scritture contabili o la sola indicazione nelle fatture o nelle annotazioni di elementi attivi inferiori a quelli reali.
La linea di demarcazione tra la dichiarazione infedele e la dichiarazione fraudolenta, come disciplinate rispettivamente dagli artt. 4 e 3 D.Lgs. n. 74/2000, è rappresentata dalla presenza di mezzi fraudolenti idonei ad ostacolare l'accertamento e ad indurre in errore l'amministrazione finanziaria. La mera alterazione della contabilità interna non rientra in tali mezzi fraudolenti, a meno che non sia connotata da un quid pluris, ovvero da elementi di insidiosità tali da rendere
Cass. pen., Sez. III, 12.11.2024, n. 41423.
Il delitto de quo ha natura di reato istantaneo, che si perfeziona al momento della presentazione della dichiarazione annuale, non rilevando a tali fini l'eventuale presentazione di una successiva dichiarazione integrativa, salvo che l'uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti avvenga esclusivamente in essa.
Cass. pen., Sez. III, 21.11.2024, n. 42604.
È configurabile il concorso nel reato de quo di colui che - pur essendo estraneo e non rivestendo cariche nella società a cui si riferisce la dichiarazione fraudolenta - abbia, in qualsivoglia modo, partecipato a creare il meccanismo fraudolento che ha consentito all'amministratore della società, sottoscrittore della dichiarazione fraudolenta, di avvalersi della documentazione fiscale fittizia, non apparendo ostarvi, in via di principio, la natura di reato istantaneo dello stesso.
Cass. pen., Sez. III, 29.11.2024, n. 43752.
In tema di reati tributari, il dolo specifico richiesto per integrare il delitto ex art. 2 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74, rappresentato dal perseguimento della finalità evasiva, che deve aggiungersi alla volontà di realizzare l'evento tipico (la presentazione della dichiarazione), è compatibile con il dolo eventuale, ravvisabile nell'accettazione del rischio che l'azione di presentazione della dichiarazione, comprensiva anche di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, possa comportare l'evasione delle imposte dirette o dell'Iva.
Cass. pen., Sez. III, 9.12.2024, n. 44954.
Sia il reato di dichiarazione fraudolenta ex art. 2 D.Lgs. n. 74/2000, sia quello di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti di cui all'art. 8 del medesimo D.Lgs., per la loro configurabilità richiedono, per espressa previsione normativa, il dolo specifico di evasione, rappresentato dal perseguimento della finalità evasiva, anche a favore di un terzo, che deve aggiungersi alla volontà di realizzare l'evento tipico, costituito dalla presentazione della dichiarazione fraudolenta o dall'emissione delle fatture
Cass. pen., Sez. III, 22.11.2024, n. 42822.
In tema di reati tributari, il mero incarico ad un dipendente della società di occuparsi della contabilità non equivale a quella delega ufficiale e preventiva che sola può scagionare l'amministratore della società stessa, e tale principio va letto in uno a quello espresso con
riferimento al caso specifico del delitto di omessa dichiarazione, ma estensibile, per identità di ratio, anche al reato di cui all'art. 4 D.Lgs., n. 74/2000, in base al quale l'affidamento ad un professionista dell'incarico di predisporre e presentare la dichiarazione annuale dei redditi non esonera il soggetto obbligato dalla responsabilità penale per il delitto di omessa dichiarazione in quanto la norma tributaria considera come personale ed indelegabile il relativo dovere, essendo unicamente delegabile la predisposizione e l'inoltro telematico dell'atto.
Cass. pen., Sez. III, 19.11.2024, n. 42373.
Il termine di novanta giorni dalla scadenza per la presentazione della dichiarazione annuale relativa all'imposta sui redditi od IVA, individuato ex lege quale momento consumativo del delitto di cui all'art. 5 D.Lgs. n. 74/2000, decorre, ove le scadenze siano diverse a seconda della modalità prescelta dal contribuente per la presentazione della dichiarazione, dall'ultima scadenza prevista dalle leggi tributarie.
Cass. pen., Sez. III, 21.11.2024, n. 42606.
In tema di omessa dichiarazione, il legale rappresentante di un ente che non abbia dello stesso l'effettiva gestione non risponde ex art. 40, co. 2, c.p. per violazione dei doveri di vigilanza e controllo derivanti dalla carica rivestita, ma quale autore principale della condotta, in quanto direttamente obbligato ex lege a presentare le dichiarazioni relative alle imposte sui redditi o sul valore aggiunto di soggetti diversi dalle persone fisiche, che devono essere da lui sottoscritte e, solo in sua assenza, da chi abbia l'amministrazione, anche di fatto.
Cass. pen., Sez. III, 22.11.2024, n. 42819.
Perché possa ritenersi integrato il reato di cui all'art. 8 D.Lgs. n. 74/2000, non è necessario l'utilizzo delle fatture per operazioni inesistenti da parte del destinatario. Invero, secondo un principio ripetutamente affermato in giurisprudenza, l'evasione d'imposta non è elemento costitutivo del delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, ma caratterizza il dolo specifico normativamente richiesto per la punibilità dell'agente, essendo necessario che l'emittente delle fatture si proponga il fine di consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ma non anche che il terzo realizzi effettivamente l'illecito intento.
Cass. pen., Sez. III, 5.12.2024, n. 44508.
In tema di reati tributari, infatti, il delitto di emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti è configurabile anche nel caso di fatturazione solo soggettivamente falsa, in cui l'operazione oggetto di imposizione fiscale sia stata effettivamente eseguita e non vi sia, tuttavia, corrispondenza soggettiva tra il prestatore indicato nella fattura o altro documento fiscalmente
rilevante e il soggetto giuridico che abbia erogato la prestazione, in quanto, anche in tal caso, è possibile conseguire il fine illecito indicato dalla norma, ovvero consentire a terzi l'evasione delle imposte sui redditi e sul valore aggiunto.
Cass. pen., Sez. III, 5.12.2024, n. 44510.
In tema di reati tributari, integra l'occultamento dei documenti contabili la condotta dell'amministratore che determini il loro mancato, prolungato rinvenimento nei luoghi riferibili alla società e accessibili agli organi verificatori, nella consapevolezza dell'accertamento in corso e della strumentalità della documentazione alla ricostruzione della contabilità della società. E questo in particolare perché l'occultamento consiste nella temporanea o definitiva indisponibilità della documentazione da parte degli organi verificatori e si realizza mediante il nascondimento materiale del documento.
Cass. pen., Sez. III, 25.10.2024, n. 39123.
Non può attribuirsi il carattere della imprevedibilità e ineluttabilità al venir meno di alcune commesse storiche, motivo dedotto dal contribuente quale causa della crisi di liquidità che costituirebbe causa di non punibilità per i reati tributari, incombendo sull’imprenditore l’onere di operare scelte di diversificazione del mercato o strategie imprenditoriali nuove, rientrando l’inadempimento delle obbligazioni assunte da parte dei clienti nel tipico rischio d’impresa cui sono, loro malgrado, soggette tutte le aziende.
Cass. pen., Sez. III, 15.07.2024, n. 30532.
In tema di reato di omesso versamento dell'IVA, la prova della causa di non punibilità strettamente associata a situazioni di crisi di liquidità non transitoria determinata dall'inesigibilità dei crediti o dal mancato pagamento di crediti certi ed esigibili da parte di amministrazioni pubbliche, se debitamente documentata, deve essere adeguatamente considerata dal giudice.
Cass. pen., Sez. III, 19.11.2024, n. 42374.
L'omesso versamento dell'Iva cui all'art. 10-ter D.Lgs. n. 74/2000, non può essere giustificato, ai sensi dell'art. 51 c.p., dal pagamento degli stipendi dei lavoratori dipendenti, posto che l'ordine di preferenza in tema di crediti prededucibili, che impone l'adempimento prioritario dei crediti da lavoro dipendente (art. 2777 c.c.) rispetto ai crediti erariali (art. 2778 c.c.), vige nel solo ambito delle procedure esecutive e fallimentari e non può essere richiamato in contesti diversi, ove non opera il principio della par condicio creditorum, al fine di escludere l'elemento soggettivo del reato.
Cass. Pen., Sez. III, 13.11.2024, n. 41721.
Oggetto di immediata tutela dell’incriminazione del reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte non è il patrimonio in sé del contribuente, che costituisce garanzia (generica) del debito erariale contratto (art. 2740 c.c.), quanto, piuttosto, la necessità di preservare la riscossione del credito erariale da qualsiasi attività volta a depauperare in modo fraudolento tale garanzia, così da ostacolare l’attività di riscossione coattiva del credito.
Cass. pen., Sez. III, 20.11.2024, n. 42479.
L'attività fraudolenta, che integra il reato previsto dall'art. 11 D.Lgs. n. 74/2000, può essere realizzata anche mediante il trasferimento all'estero di somme di denaro, anche se in quantità inferiore alla soglia da dichiarare in occasione dell'espatrio, in quanto la possibilità legale di esportare valuta entro certi limiti non esclude che detto trasferimento possa avvenire per sottrarre i beni alla garanzia patrimoniale dell'Erario.
REATI SOCIETARI
Cass. pen., Sez. V, 12.11.2024, n. 41536.
In tema di reati fallimentari, integra il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale sia la restituzione ai soci dei versamenti conferiti in conto di aumento futuro di capitale, prima della scadenza del termine, pattuito o fissato dal giudice, per l’approvazione dell’aumento di capitale programmato, sia la restituzione operata, in assenza della fissazione di tale termine, nel corso della vita della società.
Cass. pen., Sez. V, 20.11.2024, n. 42554.
Nel delitto di bancarotta fraudolenta documentale, l’interesse tutelato non è circoscritto a una mera informazione sulle vicende patrimoniali e contabili dell’impresa, ma concerne una loro conoscenza documentata e giuridicamente utile, sicché il delitto sussiste, non solo quando la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari del fallito si renda impossibile per il modo in cui le scritture contabili sono state tenute, ma anche quando gli accertamenti, da parte degli organi fallimentari, siano stati ostacolati da difficoltà superabili solo con particolare diligenza, nonché quando la documentazione possa essere ricostruita aliunde, poiché la necessità di acquisire i dati documentali presso terzi costituisce riprova che la tenuta dei libri e delle altre scritture contabili era tale da rendere, se non impossibile, quantomeno molto difficoltosa la ricostruzione del patrimonio o del movimento di affari.
SEQUESTRO PREVENTIVO DI BENI AZIENDALI E INTERESSE AD IMPUGNARE
Cass. pen., Sez. III, 18.9.2024, n. 34996.
In tema di sequestro preventivo del patrimonio di una società di persone, il socio che non sia anche legale rappresentante non è legittimato a chiedere la restituzione dei beni aziendali, non potendo far valere in giudizio situazioni soggettive che non gli appartengono.
DIVIETO DI RAPPRESENTANZA
Cass. pen., Sez. VI, 12.9.2024, n. 34476.
Al fine di verificare l’ammissibilità della richiesta di riesame, il giudice deve accertare se l’ente, in concreto e al momento della proposizione della richiesta, fosse consapevole della incompatibilità assoluta del suo legale rappresentante, indagato a sua volta, in quanto autore dell’reato presupposto.
REDDITOMETRO
Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Lazio, Sez. XVI, 24.10.2024, n. 6418.
In fase di accertamento sintetico la valutazione dell'incremento patrimoniale mediante accollo non rileva ex se, poiché non comporta un'attuale erogazione di spesa e non costituisce quindi una manifestazione di capacità economica, per cui sarebbe conseguentemente, insussistente il presupposto per l'accertamento sintetico non essendoci alcun esborso economico e/o spesa da parte del contribuente.
Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Piemonte, Sez. 2, 11.11.2024, n. 587.
La mancata impugnazione di un avviso di accertamento, destinato alla sola società, con il quale l'Agenzia delle Entrate sostiene, tra l'altro, che il rappresentante legale, consegnatario dell'atto stesso, sia un amministratore di fatto, promotore, costitutore e organizzatore della frode addebitata, non costituisce circostanza non cointestata che fa ritenere comprovata la ricostruzione dell'ente impositore. Il soggetto anzidetto, non essendo destinatario come persona fisica del provvedimento, non ha alcun onere di attivarsi per contestare situazioni di fatto che non le sono state opposte in quel frangente, come costitutive di pretese tributarie nei suoi confronti. Allo stesso modo, in tali circostanze, inconferente è il richiamo all'art. 115 c.p.c. applicabile esclusivamente con riguardo ai soggetti che rivestono il ruolo di parte in giudizio. Il successivo avviso di accertamento per il recupero del maggior reddito IRPEF dell'amministratore di fatto, coincidente con l'ex rappresentante legale, deve trovare, dunque, un'autonoma motivazione, "sostenuta" da sufficienti elementi probatori.
Cass. civ., Sez. V, 14.11.2024, n. 29434.
In tema di accertamento fiscale, l'invito dell'Amministrazione finanziaria a fornire dati e notizie, di cui all'art. 32, co. 4, D.P.R. n. 600/1973, assolve alla funzione di assicurare - in ossequio ai canoni di lealtà, correttezza e collaborazione operanti in materia tributaria - un dialogo preventivo tra fisco e contribuente per definire le rispettive posizioni, mirando altresì ad evitare l'instaurazione del contenzioso giudiziario, per cui la mancata risposta è espressamente sanzionata con la preclusione (in sede amministrativa e processuale) dell'allegazione di dati e della esibizione di documenti non forniti in fase procedimentale.
Cass., Sez. unite, 21.11.2024, n. 30051.
L'autotutela tributaria in malam partem risulta legittima in quanto l'Amministrazione finanziaria, ove non sia decorso il termine di decadenza per l'accertamento previsto per il singolo tributo e sull'atto non sia stata pronunciata sentenza passata in giudicato, può legittimamente annullare, per vizi sia formali che sostanziali, l'atto impositivo viziato ed emettere, in sostituzione, un nuovo atto anche per una maggiore pretesa. Infatti, l'autotutela nel diritto tributario costituisce un potere dell'Amministrazione finanziaria che trova il suo fondamento nelle stesse norme che giustificano l'esercizio delle potestà attive per la esazione dei tributi. Ne deriva che la possibilità del suo esercizio, anche reiterato, permane inalterata per il principio di perennità dell'azione, salvi solo i limiti derivanti dai termini di decadenza per l'esercizio delle attività di accertamento per i singoli tributi ovvero dall'avvenuto passaggio in giudicato di sentenza favorevole all'Amministrazione finanziaria.
Corte Costituzionale, 28.11.2024, n. 189.
La Corte Costituzionale ha dichiarato non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell'art. 1, co. 198, della Legge n. 197/2022 sollevate, in riferimento agli articoli 3, 24, 53 e 111 Cost., dalle Corti di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria e del Lazio. La declaratoria di estinzione del processo, che la disposizione correla al deposito di copia della domanda di definizione e del versamento degli importi dovuti o della prima rata, è frutto di una scelta del Parlamento non irragionevole, volta a favorire l'immediata chiusura delle controversie tributarie pendenti e a incentivare i pagamenti non ancora eseguiti, senza determinare alcun effetto preclusivo del diritto di azione o difesa, né una lesione della parità delle parti nel processo. Inoltre, non sussiste alcuna violazione del principio di capacità contributiva, in quanto la disciplina della definizione agevolata risulta coerente con i presupposti economici cui le rispettive imposizioni sono collegate e non si
riduce a un intervento contrario al valore costituzionale del dovere tributario, né tale da recare
pregiudizio al sistema dei diritti civili e sociali tutelati dalla Costituzione.
Cass. civ., Sez. I, 6.5.2024, n. 12156.
Gli effetti della deliberazione assembleare che ha deciso lo scioglimento della società e la sua liquidazione si producono, ai sensi dell’art. 2484, co. 3, c.c., dal momento dell’iscrizione, avente natura costitutiva, della deliberazione medesima nel registro delle imprese, con la conseguenza che, da questo momento, la valutazione del giudice, ai fini dell’accertamento dello stato di insolvenza, deve essere diretta unicamente ad accertare se egli elementi attivi del patrimonio sociale consentano di assicurare l’eguale ed integrale soddisfacimento dei creditori sociali, e ciò in quanto, non proponendosi l’impresa in liquidazione di restare sul mercato, ma avendo come esclusivo obiettivo quello di provvedere al soddisfacimento dei creditori previa realizzazione delle attività, ed alla distribuzione dell’eventuale residuo tra i soci, non è più richiesto che essa disponga di credito e di risorse e, quindi, di liquidità, necessari per soddisfare le obbligazioni contratte.
Cass. civ., Sez. I, 6.5.2024, n. 12268.
In tema di dichiarazione di fallimento di imprese soggette a liquidazione coatta amministrativa come procedura concorrente, le disposizioni degli artt. 2545-terdecies c. c. e 196 l.fall., a mente delle quali l’apertura del fallimento preclude la liquidazione coatta amministrativa e viceversa, segnano come elemento dirimente, per stabile quale delle due procedure debba prevalere sull’altra, il provvedimento di apertura della procedura stessa e non il momento della presentazione della rispettiva domanda di accesso.
AMMISSIONE
Cass. civ., Sez. I, 22.5.2024, n. 14196.
In tema di ammissione al concordato preventivo in pendenza del giudizio per la dichiarazione di fallimento, al termine concesso per la presentazione di un nuovo piano e di una nuova proposta di concordato ai sensi dell’art. 162, co. 1, L.fall., avente natura perentoria, non si applica la sospensione feriale dei termini, essendo prevalenti le esigenze di celerità sottese alla discussione dell’istanza di fallimento.
ACCERTAMENTO DEL PASSIVO
Cass. civ., Sez. I, 11.6.2024, n. 16166.
In tema di amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi, l’interruzione della prescrizione in favore dei creditori, con effetto permanente per tutta la durata della procedura, si determina solo a seguito dell’ammissione allo stato passivo della procedura del relativo credito, di talché non può essere riconosciuto effetto analogo alla mera presentazione da parte del creditore dell’istanza di ammissione al passivo, non assimilabile alla proposizione della domanda giudiziale.
“Reato di omessa dichiarazione IVA per le SSD agevolate che operano di fatto come enti commerciali” con commento di Francesco Napolitano, da “Il fisco”, n. 47-48.2024, pag. 4407 ss.
L’Autore affronta il caso di una ASD – associazione sportiva dilettantistica – che aveva assunto tale forma giuridica quale “schermo” per svolgere, nei fatti, attività di carattere commerciale, e sottrarsi in tal modo, tra gli altri, alla presentazione della dichiarazione IVA. La Suprema Corte, sul punto, precisa che il dolo specifico nel reato di omessa dichiarazione IVA è configurabile qualora emergano elementi attestanti l’intenzionalità del soggetto di sottrarsi al pagamento delle imposte, come un cambio di forma societaria finalizzato ad accedere ad un regime fiscale più vantaggioso in assenza dei requisiti per farlo.
“Le Sezioni Unite scalfiscono la retroattività della confisca allargata” di Denise Mirasola, da “Diritto penale e processo”, n. 11.2024, pag. 1468 ss.
Con la sentenza sopra citata, giudicata per certi versi rivoluzionaria, le Sezioni Unite mettono in discussione, attraverso articolate argomentazioni, la questione relativa alla retroattività della confisca allargata, ridimensionandola. Il divieto previsto dall’art. 240-bis c.p. di giustificazione della legittima provenienza dei beni oggetto della confisca cd. “allargata” o del sequestro ad essa finalizzato, sul presupposto che il denaro utilizzato per acquistarli sia provento o reimpiego dell’evasione fiscale, si applica anche ai beni acquistati prima della sua entrata in vigore, ad eccezione di quelli acquisiti nel periodo tra il 29 maggio 2014, data della pronuncia delle Sezioni Unite n. 33451.2014, Repaci, e il 19 novembre 2017, data di entrata in vigore della L. n. 161 del 2017 che ha introdotto il divieto.
L’intervento delle Sezioni Unite ha dunque definitivamente chiarito che la modifica legislativa apportata all’art. 240- bis c.p. vale anche in relazione ai beni entrati nel patrimonio del soggetto nei confronti del quale è disposto il provvedimento ablativo prima della vigenza della L. n. 161/2017, con esclusione di quelli acquistati nell’arco temporale compreso tra la pronuncia delle Sezioni Unite “Repaci” e l’entrata in vigore della novella legislativa.